Vi siete mai fermati un attimo a riflettere quanto sia dura, faticosa e rischiosa, da un punto di vista fisiologico, la vita di una tartaruga? Inizia dovendo uscire dall’uovo e non deve essere per niente facile essere chiuso in qualcosa che ti riveste e non ti lascia nemmeno muovere, tanto è angusto l’uovo da costringere il nascituro ad aprirsi una breccia a colpi di naso! Poi la ricerca del cibo… in cui, pur di vivere, ci accontenta di tutto ciò che è commestibile, ma non certo appetibile. Infine la riproduzione: per i maschi trovarsi una femmina, combattere per accaparrarsela non è semplice! Per la femmina le “incombenze” sono accoppiarsi, scavare e fare le uova anche 4-5 volte all’anno. E se fino a qui la vita è sovrapponibile a quella di molti altri animali, per loro esiste anche lo stress del letargo.
Tutto questo per dirvi quanto la vita di una tartaruga possa sembrare così tranquilla e invece sia stressante. Uno degli stress maggiori è rappresentato proprio dal letargo. Da quanto è stato detto fino ad ora si può affermare che il letargo più semplice sia quello delle tartarughe di più di un anno di età (che sono nate da poco tempo e già devono subire una prova di vita non indifferente) ma che ancora non sono giunte alla fase riproduttiva (con tutti i problemi ad essa connessi). Sono ancora nella fase degli animali che, dalla mattina alla sera, non hanno altro problema se non nutrirsi (oltre a quello comune a tutte le altre specie di sfuggire a predatori e uomini).
Il letargo è un meccanismo di risposta fisiologico di riduzione di attività metabolica a condizioni ambientali ed alimentari avverse.
Come tutti sappiamo i rettili sono animali ectotermi, ossia la cui temperatura corporea dipende da quella ambientale. Quando questa raggiunge dei limiti troppo bassi da non consentire la vita questi cadono in letargo.
Poiché l’abbassamento della temperatura corporea porta ad un cambiamento di metabolismo è bene ricordare che certi organi ed apparati lavorano in maniera ideale solo all’interno di un range di temperatura che, ovviamente, non contempla le temperature del letargo.
Quello che sicuramente preoccupa di più veterinari ed allevatori è la mancata capacità del sistema immunitario di reagire agli insulti batterici, micotici e virali: è disgraziatamente noto a tutti l’avvento di patologie respiratorie nelle tartarughe al momento del risveglio. L’abbassamento del metabolismo rende anche nulli i processi riparativi cutanei, per cui risulta scontato che non è possibile mandare in letargo animali ammalati, con ferite al guscio o ai tessuti molli. Anche l’apparato digerente diventa più pigro fino a fermarsi completamente. I più attenti avranno notato che circa dieci quindici giorni prima di interrarsi, le tartarughe smettono di mangiare, alcune volte gradualmente altre bruscamente. Questa scelta va interpretata come un momento in cui l’animale continua a defecare, liberando l’alveo intestinale, per far sì che durante la fase di ibernazione i batteri presenti nell’intestino non possano fermentare in maniera grave e addirittura mortale il contenuto gastrointestinale. In definitiva e proprio per le complicazioni che possono avvenire durante il letargo, non è consigliabile farlo eseguire a tartarughe ammalate se vogliamo che l’anno successivo si risveglino.
Non è consigliabile mandare in letargo neppure tartarughe magre o che comunque hanno mangiato poco durante la stagione estiva: non potrebbero avere a disposizione energie e liquidi sufficienti a passare il letargo e risvegliarsi. Il letargo non ha date fisse, ma inizia a fine settembre/ottobre e finisce in marzo/aprile in base alle condizioni climatiche e alla latitudine.
Si può decidere di far passare il letargo all’aperto oppure in un ambiente chiuso, scevro da pericoli (soprattutto altri animali) dove l’unica cosa veramente basilare è la temperatura che, una volta raggiunta, deve essere tenuta costante. La temperatura ideale in cui tenere gli animali in letargo oscilla tra i 3 e gli 8 gradi anche se parecchi autori parlano di temperature minime di 2°C e massime fino agli 11°C. Sappiamo che al di sotto dei 2°C la tartaruga può subire dei gravi danni a carico del sistema nervoso e degli occhi. Se viene tenuta a temperature basse, ma superiori ai 10°C, il metabolismo non si abbassa a sufficienza e alla fine del letargo ci potremmo trovare a fare i conti con un animale molto dimagrito.
Il letargo all’aperto è sicuramente il più semplice da eseguire. Si aspetta che le tartarughe si interrino da sole e poi si ricoprono i luoghi prescelti con paglia o foglie secche. A questo punto non resta che attendere il risveglio. In alcuni casi può essere d’aiuto alle tartarughe lavorare il terreno con vanga e zappa in modo da rendere meno faticosa l’opera di escavazione da parte dei rettili. Se il terreno risultasse particolarmente duro si potrebbero creare delle buche profonde 50-60 centimetri da riempire con la stessa terra asportata frammista a sabbia. Dopo che le tartarughe si saranno interrate si potrà procedere alla copertura della zona con paglia e foglie secche.
Il letargo al chiuso può essere eseguito in una stanza o locale idoneo oppure all’interno di un frigorifero. Nel primo caso si dispongono gli animali in cassette con all’interno paglia e foglie secche o torba di sfagno. Le cassette andranno sempre coperte con una rete a maglie fitte in grado di evitare la possibilità che topi e ratti possano creare delle lesioni agli animali in letargo. È importante che la temperatura ambientale non superi i 10°C; meglio se rimane costante intorno ai 5° C.
Il letargo in frigorifero è usato solo da allevatori con numerosi soggetti che sfruttano vecchi frigoriferi all’interno dei quali sistemano le casse con gli animali. Al loro interno si userà lo stesso materiale prima descritto. Sul fondo del frigo si terrà una bacinella con due centimetri di spessore di acqua per far sì che venga mantenuta la giusta umidità. È anche possibile mettere sopra al frigo un aeratore da acquario che immetta tramite un tubicino ossigeno.
Dovrà essere posta molta attenzione per far sì che il tubicino non rimanga schiacciato dalla guarnizione. Le temperature dovranno essere abbassate gradualmente fino ad arrivare alla temperatura designata.
Se gli animali eseguiranno un letargo normale all’aperto di norma faranno fronte da soli alle loro esigenze. Se invece forziamo noi l’animale per mandarlo in letargo, dobbiamo metterlo nelle condizioni migliori per far sì che tutto vada a buon fine. Circa sei settimane prima conviene cominciare a somministrare molto cibo (erbe di campo e un po’ di frutta). 15-20 giorni prima del presunto letargo si comincia a somministrare cibo in minore quantità fino a smettere 10-12 giorni prima del letargo. In questi giorni gli animali dovranno essere oggetto di bagni in recipienti con acqua tiepida per 10-20 minuti per favorire l’espulsione di materiale fecale: si eviteranno così processi fermentativi in grado di causare la morte dell’animale.
Un mese prima del letargo è consigliabile far eseguire un esame coprologico per la ricerca di parassiti e se positivo improntare la giusta terapia.
Il risveglio degli animali che si sono interrati spontaneamente è deciso dall’innalzamento naturale della temperatura. Per gli altri sarà l’allevatore a fare in modo che esso accada nella maniera più graduale possibile. Dopo il risveglio conviene mettere gli animali in bacinelle con acqua pulita e tiepida in modo da favorire l’abbeverata e soprattutto il ripristino delle grandi funzioni organiche. Si procede alla pulizia delle narici e degli occhi e si cominciano a somministrare i primi alimenti che dovranno essere a base di frutta e verdura molto digeribile e di ottima qualità. Nell’arco di pochi giorni tutto sarà tornato alla normalità e potranno tornare ad essere amministrate come sempre. Il consiglio è comunque quello di osservarle a lungo e soprattutto ripetere i bagnetti frequentemente.
È molto discusso se mandare le tartarughe nate nell’anno in corso in letargo; ed è difficile dare un giudizio esente da critiche. Quelle che fanno un letargo normale solitamente si risvegliano quasi tutte, mentre in quelle che si schiudono nel tardo ottobre è facile che vi sia qualche perdita in più. Quindi, chi vuol fare un’autentica selezione naturale, potrà mandare in letargo le piccole anche se sconsiglio di mandare le “ottobrine”. Per gli altri la decisione consiste se non mandarle o far fare un “letargo corto”. Quest’ultima opzione è quella che io consiglio più volentieri. Nel primo caso si allestisce un terrario: può andar bene anche uno scatolone, una cassetta di legno o un vecchio acquario senza il coperchio. Tramite una lampada ad incandescenza, ed un neon a U.V.B. per favorire la deposizione del calcio a livello osseo, si può garantire il giusto fotoperiodo (10-12 ore di luce). La lampada fornirà anche la giusta quantità di calore. Se montata su un portalampade a pantografo o simile potrà venire allontanata o avvicinata per fornire la giusta temperatura (22-26° C.). Di tanto in tanto le pareti del terrario dovranno essere umidificate con un nebulizzatore. Nel terrario sul terriccio di base dovrà essere sistemato un nascondiglio, un contenitore per l’acqua (a mio avviso per le tartarughe di questa taglia il migliore è il coperchio dei barattoli della “Nutella” poiché sufficientemente profondo per permettere l’abbeverata ma non tanto da consentire agli animali di affogarci dentro).
Lo stesso terrario può essere impiegato anche per il “letargo corto”. In media la sua durata si aggira sui 45- 70 giorni. Per un po’ vengono allevati come sopra con cibi sani, come già descritto a proposito delle altre tartarughe in preletargo, poi 20 giorni prima della data del presunto inizio del letargo si iniziano a somministrare meno alimenti e 7-10 giorni dopo si sospende la somministrazione e ci si comporta come per le tartarughe che effettuano il letargo al chiuso per ciò che concerne la temperatura. Al risveglio faremo il procedimento inverso, rispettando tutto quanto già detto nel paragrafo risveglio.